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Recensione di Maria Antonietta Macciocu per "Quando il delitto è arte"


La bellezza, la bruttezza, il corpo e la mente, l’arte e le ferite del cuore e della psiche: c’è molto di più di un giallo in questa storia di dolore e di caduta, di violenza senza riscatto, di rabbia e di sconfitta.

Giovani e belle donne uccise e composte come quadri o performance concettuali, con un rompicapo per l’investigatore solitario bello e ferito anche lui, come forse un po’ lo sono tutte le persone.

Uomini egoisti ma soprattutto distanti anche quando dimostrano generosità, e donne che non sono state da meno, in un passato di abbandono e di crudeltà che non si può dimenticare.


Una storia che scivola in modo quasi naturale, con un linguaggio senza orpelli o eccessi, con la simbologia gentile dei fiori, a dimostrare che la patologia può stare nella vita mischiandosi con comportamenti che sembrano normali anche quando non lo sono.


Killer non sono solo il buio della mente, l’orrore e il sangue, ma le omissioni, le indifferenze, le reticenze, i rifiuti, le bravate di cui siamo capaci. I baratro senza catarsi. 

Mi è piaciuto molto e mi ha interessato: come sempre Tiziana Viganó attraverso una storia ci racconta un pezzo di umanità, il fondo ambiguo, torbido e frantumato della fragile natura umana.



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