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“Habaytah – Verso casa” di Elisabetta Ranghetti. Recensione di Tiziana Viganò






Da quando è cominciata la guerra tra Israele e la Palestina siamo bombardati da migliaia di notizie: chi parteggia per una parte chi parteggia per l'altra... con giudizi spesso più di pancia che di testa, che invece propenderebbe per la Pace, tout court. Alzi la mano chi conosce a fondo la storia, la politica, la cultura di quei paesi, Palestina e Israele: i libri di grandi scrittori ci hanno introdotto nella cultura ebraica – nomino solo alcuni grandi del passato di cui ho letto gli scritti - I.B.Singer, P. ed H. Roth, S. Bellow, Primo Levi, Moni Ovadia, G, Bassani , S. Segre Amar - e studi storici ci hanno fatto capire meglio il problema.

Ma siamo davvero obiettivi quando giudichiamo mondi che ci sono così lontani? O cadiamo nelle miopie di uno dei personaggio del libro, Simone?


Lo stesso discorso vale anche per l'argomento palestinesi e quindi mi informerò per trovare libri che parlino dell'altra parte dello spinoso problema con il desiderio di approfondire la questione. Ma non ho voglia di leggere saggi: così mi è capitato di notare l'uscita di questo libro, “Habaytah – Verso casa” di Maria Elisabetta Ranghetti, scrittrice e viaggiatrice italiana che ha vissuto vent'anni in Israele e ha studiato il giudaismo.

Il libro non è politico né storico, ma è un romanzo di sentimenti e di cultura ebraica scritto da chi conosce bene l’argomento. 

"Habaytah " quindi non parla di politica, ma di cultura, quella degli ebrei ortodossi o charedim (letteralmente "coloro che tremano davanti a Dio"), delle loro usanze e credenze attraverso i sentimenti di una famiglia: sentimenti universali qui raccontati in un angolo particolare e sofferto del mondo.


Il ricordo, la nostalgia, la lontananza, l'assenza, il rimpianto pervadono le pagine di questo libro commovente, insieme al desiderio di pace e di recupero della propria identità. Verso casa.

La protagonista, Rachel Newman, fu ripudiata dalla famiglia a diciassette anni, perché non volle sottostare alle norme rigide e severissime imposte dalla fede ai charedim: scappò da Gerusalemme arrivando a New York, si rifece una vita, diventò docente universitaria e famosa scrittrice di fantasy. Nessuno conosce le sue origini,

ma il passato incombe ancora oggi su di lei, non riesce a superare il trauma della perdita di identità. Lo strappo con la famiglia è stato violento al punto che il padre recitò per lei la veglia funebre, come per una figlia morta e non l'ha più rivista per tanti anni: se lacerante è stata per lei la fuga verso la libertà, altrettanto doloroso e disperante è stato per la sua famiglia. Oggi la madre è moribonda e vorrebbe rivederla, c'è contrasto tra il fratello e la sorella, ma quest'ultima decide di andare a cercarla a Milano, dove Rachel tiene un corso universitario. Si incontrano e si scontrano ma Rachel decide di risolvere i nodi passati, solo così troverà pace nella sua anima tormentata, e quindi parte per Gerusalemme.

Qui rivede i luoghi e le persone che suscitano in lei una tempesta di sentimenti, ma la sua forte volontà la porta a riallacciare i rapporti e a cercare la pace di cui tutta la famiglia ha bisogno.

Poi, attraverso la scrittura, Rachel metterà a nudo la sua anima, raccontando la sua storia e dando così una svolta anche alla sua professione, dai libri fantasy che erano stati il suo successo a una storia realistica, autobiografica, di grande forza.


Il viaggio del ritorno dopo l’esilio è il bisogno di tornare alle proprie radici perché senza queste una vita non ha basi solide su cui ancorarsi: come una pianta che le ha deboli può essere spazzata dal vento, così la vita di una persona può trovare lo slancio vitale e l'equilibrio solo avendo radici ben ramificate e forti. 
Il romanzo di Elisabetta Ranghetti è quindi la storia di tanti che dopo aver lasciato la terra natale hanno bisogno di fare ritorno per chiudere il cerchio, per ritrovare la propria identità.

Scritto con abilità e competenza, con uno stile fluido ed essenziale, il libro si legge facilmente: il racconto della cultura degli ebrei charedim, ben diversa da quelli della diaspora (i dispersi nel mondo), ci regala un punto di vista interessante e istruttivo, senza appesantire la narrazione, perché ne è parte integrante.

La storia di Rachel è commovente, intima, profonda: la scrittrice indaga nell'anima lacerata della sua protagonista descrivendone le molteplici sfaccettature, i dubbi, i tormenti, le indecisioni e ci regala un romanzo che ci farà emozionare e riflettere.

 

“Habaytah – Verso casa”

di Elisabetta Ranghetti.

genere: narrativa italiana contemporanea

editore: Edikit, 2024

pagine: 218


Maria Elisabetta Ranghetti, scrittrice e fotografa. Appassionata di Medio Oriente, ha trascorso gli ultimi vent'anni a contatto col mondo ebraico viaggiando tra Israele e Palestina e studiando giudaismo (ermeneutica rabbinica). Due dei suoi romanzi – “Oltre il mare di Haifa”  e “Corri più che puoi – narrano le vicende di quella terra e sono stati presentati ad Haifa e Gerusalemme.  Il terzo -  “Habaytah”, del 2024 - porta il lettore dentro a una vicenda dal sapore universale raccontando il mondo complesso degli charedim, gli ultraortodossi. Con Edikit ha pubblicato altri due romanzi: "Un'ombra sul fiume" sui Troubles nord-irlandesi e "La risorsa" sulla condizione della donna. Ha inoltre pubblicato due raccolte di racconti, "Tram 12 Gorizia calling" sulla realtà multiculturale di una cittadina milanese e "L'uomo con la bombetta e altri racconti" su Londra. Appassionata viaggiatrice realizza con la macchina fotografica reportage nei luoghi che visita.


Gerusalemme, il quartiere dei charedim e il Muro del Pianto.

Foto di Elisabetta Ranghetti



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