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"Lesioni personali" di Margareth Atwood. Recensione di Tiziana Viganò






Così sono arrivata qui, dice Rennie. Il giorno prima, Jake se n’era andato. Verso le cinque ero tornata a casa a piedi dal mercato, con in mano il sacchetto della spesa e la borsetta. Non avevo granché da portare, ora che Jake non c’era più, e meno male, perché mi dolevano i muscoli della spalla sinistra e non ero stata costante con gli esercizi. Gli alberi lungo la strada avevano cambiato colore e le foglie cadevano sul marciapiede, gialle e marroni, e io pensavo: Be’, non va poi così male, sono ancora viva.


Così il bellissimo incipit.

Lasciata dal marito, da poco operata di un cancro al seno, Rennie ha bisogno di cambiare vita e orizzonte, così vola in un'isola dei Caraibi, che immediatamente si rivela per una realtà ben lontana dai sogni dorati e zuccherati dei turisti: una società faticosa e complessa, antiquata, una vita senza le comodità consuete, con ritmi, abitudini e relazioni che Rennie fa fatica a seguire. Dal paese dove è nata, Griswold (Ontario), retaggio ambientale ed educativo da cui fa fatica a liberarsi, alla grande città, Toronto, dove sposa Jake e lavora come giornalista di lifestyle in un quotidiano, all'isoletta non troppo lontana da Grenada, nelle Antille meridionali: c'è un percorso di vita che Rennie deve seguire, difficile e doloroso.

La sua ingenuità la porta a infilarsi in una situazione pericolosa, da cui riuscirà ad uscire per il rotto della cuffia, accusata di essere una spia o una sovversiva "perché non è quella che appare": finirà nella orrenda galera locale, sfiorerà il traffico d'armi e droga internazionale, assisterà a sommosse, omicidi politici, corruzione durante le elezioni pilotate e una specie di ridicola rivoluzione.

Tre settimane per ribaltare una vita, lei che è stata già salvata dalla malattia, ma non è immune dai pericoli: si tocca la cicatrice, memento del conto alla rovescia che è la vita


"Non è cambiato ciò che vede, ma soltanto il modo in cui lo vede. È tutto esattamente uguale. Eppure niente è uguale. Ha la sensazione di rientrare da un viaggio nello spazio, nel futuro; è lei a essersi trasformata, e invece l'impressione sarà che lo siano tutti gli altri, come per una curvatura spaziotemporale, come se avessero vissuto in due tempi paralleli"

Così l'ultima riga


"Piuttosto è fortunata, improvvisamente, finalmente, trabocca di fortuna, è questa fortuna a tenerla su"

Acuta e arguta nei commenti, minuziosa nelle descrizioni fino al minimo dettaglio: nelle immagini e nelle metafore la Atwood parla per mezzo di Rennie, lanciando spesso frecce avvelenate. Segue passo passo le esperienze della sua protagonista, ascolta il suo flusso di coscienza che la porta a maturare consapevolezza di sè e del suo corpo, vede i flashback con cui ricorda le vicende che hanno portato alla sua malattia e alla separazione dal marito. Con occhio disincantato la Atwood esplora il mondo caraibico, non perdendo mai di vista le brutture e i problemi profondi, con descrizioni ben lontane dall'immaginario collettivo sul "paradiso tropicale".


Dopo il successo de “Il racconto dell’Ancella“ (Ponte alle Grazie, 2019) Margareth Atwood torna in libreria con un romanzo in cui parla di temi a lei cari come la presa di coscienza e libertà della donna, il suo ruolo sociale e il rapporto col proprio corpo, all'interno di un quadro politico e sociale acutamente analizzato.



"Lesioni personali"

di Margareth Atwood

genere: narrativa

editore: Ponte alle grazie, 2021

pagine 368

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